Due di esse (Natale e Pasqua) sono ampiamente conosciute da tutti, cristiani e non-cristiani.
La
terza, la Pentecoste, che cade quest’anno l'8 giugno 2014, è meno
familiare tanto che perfino parecchi credenti non sanno molto di questa
celebrazione.
Forse
perché, a differenza delle altre festività, non comporta giorni
supplementari di vacanza, né l’acquisto di cose specifiche o
associazioni culinarie, come il panettone e il tacchino a Natale, le
uova, l’agnello e la colomba a Pasqua.
In effetti, questa festa è associata al consumo di cibi, perché
originariamente celebrava la fruizione ebraica del raccolto e delle
primizie. Nel linguaggio simbolico cristiano si riferisce anche a Gesù
come “primizia di coloro che sono morti” (Prima Lettera ai Corinzi 15:20) esemplificato da “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.” (Giovanni
6:35). Sebbene possa suonare come lo slogan di un servizio di
ristorazione, il motto non promuove certo il consumismo, ed è questo
forse il motivo per il quale non si fa molto chiasso intorno alla
Pentecoste.
La Pentecoste è il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua e l’anniversario dei Dieci Comandamenti e soprattutto, per i cristiani, la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli.
In quell’occasione i discepoli e la Vergine Maria “si
trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal
cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta
la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si
dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni
di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo
Spirito dava loro il potere d’esprimersi.” (Atti degli Apostoli 2:1-4)
Pentecost Dome, San Marco, Venezia |
La maggior parte dei cristiani considera la Pentecoste come la Nascita
ufficiale della Chiesa. Prima di quest’evento i seguaci di Gesù erano
sparpagliati e impauriti, ma dopo la discesa dello Spirito Santo furono
pieni di entusiasmo, si riunirono e cominciarono a stabilire le loro
pratiche e insegnamenti.
Il Concilio Vaticano II
descrive l’azione dello Spirito Santo come “un lavoro interiore di
salvezza, espresso esteriormente nella nascita di una comunità e
istituzione di salvezza… permeata d’amore, che supera tutte le
differenze e divisioni di una natura terrena… con un’espressione di fede
in Dio comprensibile a tutti, nonostante le differenze di linguaggio”.
La Chiesa
nata a Pentecoste, piuttosto che un edificio o un’organizzazione
gerarchica, è la riunione di coloro che, pieni di Spirito Santo, hanno
ricevuto il “dono delle lingue”, così che quando parlano ciascuno li
intende nella propria lingua nativa. Il dono sancisce la comunicazione
nello Spirito piuttosto che nel linguaggio.
Come dice Alan Watts “quando la mente non è più affascinata, la confusione delle lingue lascia il posto al dono delle lingue – il potere di usare la Parola
senza esserne sedotti.” Per questa ragione “il cattolicesimo ha sempre
sostenuto che l’autorità spirituale risiede nella Chiesa viva piuttosto
che nella ‘lettera morta’ delle Scritture. Ma la Chiesa ha autorità soltanto nella misura in cui rimane veramente la Chiesa,
la compagnia di coloro che si rendono conto effettivamente che sono uno
con l’Autore dalla cui Parola l’universo di tempo, spazio e dualità è
sgretolato dall’eternità.”
Quali
erano dunque le usanze di questa Chiesa primitiva? Sebbene sia un
argomento troppo controverso per una trattazione di pochi paragrafi, ciò
che appare chiaro è che le scritture non avevano un ruolo privilegiato,
anche perché i Vangeli diventarono disponibili soltanto cento o
duecento anni dopo la Pentecoste.
I
primi scritti cristiani e vari riferimenti nella Bibbia enfatizzano una
celebrazione gioiosa, con danza, musica, contemplazione e trance, più
che la lettura o l’analisi dei testi sacri.
La
danza era un aspetto vitale delle pratiche religiose degli antichi
israeliti, e le persone erano regolarmente esortate a danzare e a
suonare musica nel Vecchio Testamento. Tuttavia quello che percepisco
come più significativo in quelle danze e in tutte le pratiche dei primi
cristiani è la trance sciamanica e l’elemento muta-forma, che è pure
l’essenza della Pentecoste stessa.
I
discepoli sono pieni dello Spirito Santo e, come risultato, iniziano a
parlare lingue che non conoscono e a esprimere una passione e centratura
senza precedenti. Ed era, in effetti, questa capacità di entrare in uno
stato non ordinario di coscienza, abbandonare il proprio corpo e la
propria mente interamente a Dio, e riceverne la forza, il fuoco, che rappresentava il sine qua non per ottenere l’ammissione nella Chiesa primitiva.
Le antiche pratiche sciamaniche di glossolalia, o parlare in altre lingue, sono ancora la caratteristica principale del Pentecostalismo, i Movimenti Carismatici, e il Cattolicesimo Carismatico, che
risultano pure come i gruppi in maggiore crescita nel cristianesimo
contemporaneo. Le loro pratiche, oltre che parlare in altre lingue,
implicano danzare in cerchio, saltare, gridare, piangere e ridere,
lasciarsi cadere o rotolare sul pavimento, e altre esperienze
catartiche.
Un’altra forma di trance comune tra i primi mistici e santi cristiani, come Antonio d’Egitto, Benedetto, Columba di Iona e più tardi Francesco d’Assisi, Teresa d’Avila, Giovanni della Croce, per menzionarne alcuni, comportava un’incessante contemplazione e la deprivazione sensoriale, che sono elementi consueti in tutte le esperienze sciamaniche profonde e nella ricerca della visione.
Lo Spirito Santo insegna che “Nulla di ciò che è reale può essere minacciato. Nulla di irreale esiste” (UCIM, T 1:2). Egli media tra la realtà e l’illusione del nostro sé separato.
Questo è possibile perché, “mentre
da un lato Egli conosce la verità, dall’altro riconosce anche le nostre
illusioni, pur senza credere in esse. L’obiettivo dello Spirito Santo è
di aiutarci ad uscire dal mondo dei sogni insegnandoci come capovolgere
il nostro sistema di pensiero e disimparare i nostri errori. Il perdono
è la lezione più grande offertaci dallo Spirito Santo per compiere
questo capovolgimento del nostro sistema di pensiero.” (UCIM, Prefazione, xi).
Il
perdono comporta il cambiamento da una percezione basata sulla
separazione ad una continua comunione con chiunque e qualunque cosa
esiste. Spiritualmente non è una corsa all’illuminazione individuale o
una lotta per imporre le proprie idee religiose sugli altri. La Chiesa
è una santa comunione di persone e questo non si fonda sulla veridicità
della loro dottrina, ma si basa fermamente sul valore della loro
connessione d’amore con Dio e con gli altri (1 Giovanni 4:20).
“Quando ti avvicini a un fratello ti accosti a me, e quando ti ritiri da lui ti allontani da me. La Salvezza
è un’impresa collaborativa. Non può essere intrapresa con successo da
coloro che si disimpegnano nei confronti della Figliolanza, perché essi
si stanno disimpegnando da me. Dio verrà da te solo finché Lo offrirai
ai tuoi fratelli.” (UCIM, T4, VI.8:1-4)
Le antiche pratiche cristiane sono molto pragmatiche a questo proposito. La Chiesa
diventa un raduno sacro dove usciamo dalla nostra pazzia privata e la
lasciamo andare come una follia collettiva comune. Attraverso danza,
trance, suoni e canzoni, manifesti o silenziosi, i rancori sono bruciati
e trasformati in preghiera.
Questa è la Via Benedetta della Passione
che conduce all’estatica presenza del vuoto. Qui lo Spirito Santo si
svela e noi tutti possiamo sentire la nostra amorevole unità,
condividendola con gli altri, e facendola risplendere in noi quando la
vediamo nei nostri fratelli e sorelle.
E, per grazia di Dio e della Pentecoste, questa è l’essenza originale di trance della Chiesa.
© Franco Santoro, info@astroshamanism.org
Immagine di apertura: La Pentecoste, Libro d'Ore di Étienne Chevalier, miniato da Jean Fouquet, Museo Condé, Chantilly.
© Franco Santoro, info@astroshamanism.org
Immagine di apertura: La Pentecoste, Libro d'Ore di Étienne Chevalier, miniato da Jean Fouquet, Museo Condé, Chantilly.
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