Lughnasadh o Lammas è uno degli otto cosiddetti festival celtici, tradizionalmente associato con il primo di agosto.
Nacque come una festa per celebrare la divinità irlandese della luce, Lugh, e in seguito incorporò tutte le principali divinità del raccolto. L’evento onora l’inizio della stagione della mietitura con raduni comunitari e mercati. È il culmine del calore e della luminosità, dell’esuberanza e della performance. È anche la festa funeraria del dio della luce, che implica pure il riconoscimento del freddo e dell’oscurità, l’altra polarità del ciclo. Questo aspetto è celebrato dalla canzone folk "John Barleycorn Must Die".
Quando
la vita sembra essere al massimo da un lato, la morte prospera
dall’altro. Perciò a Lughnasadh, come in tutte le vere celebrazioni
olistiche, sono comprese tutte le polarità, e tutti e tutto, sacro e
profano, trovano il loro spazio di santità nella ruota dell’esistenza.
Vita e morte, giorno e notte, luce e buio, tutte le coppie d’opposti esistono simultaneamente in ogni momento. Quando l’emisfero settentrionale è nel bel mezzo dell’estate, nell’emisfero meridionale l’inverno regna supremo, mentre il sole sorge in una parte del mondo, tramonta in un’altra. E in questa estate italiana così imprevedibile, le polarità sembrano essersi stancate di questa noiosa alternanza, per cui amano mescolarsi e uscire fuori dagli schemi.
Vita e morte, giorno e notte, luce e buio, tutte le coppie d’opposti esistono simultaneamente in ogni momento. Quando l’emisfero settentrionale è nel bel mezzo dell’estate, nell’emisfero meridionale l’inverno regna supremo, mentre il sole sorge in una parte del mondo, tramonta in un’altra. E in questa estate italiana così imprevedibile, le polarità sembrano essersi stancate di questa noiosa alternanza, per cui amano mescolarsi e uscire fuori dagli schemi.
Con
la nostra percezione limitata sperimentiamo la vita in modo lineare,
abituandoci e attaccandoci a una polarità e trascurando l’altra finché
con il tempo, spesso con disagio e incredulità ciò che è ignorato
inevitabilmente prende il sopravvento. Possiamo anche lavorare sodo per
impedire al lato opposto di emergere, negandolo e reprimendolo, e
rimanere attaccati ostinatamente ad una realtà separata. Potremmo essere
morti, e tuttavia credere di vivere, o potremmo essere vivi, e
presumere di essere morti.
Così
come c’è una parte in noi che fiorisce con la vita, ce n’è un’altra
morta. Mentre un lato è gioioso, un altro è triste, uno è buio e l’altro
luminoso, povero e ricco, ammalato e sano, e così via. Tutti gli
opposti vivono dentro di noi, interagendo e fondendosi continuamente, e
mentre alcuni brillano sulla scena, altri si nascondono dietro le
quinte, aspettando il loro turno. Continuano tuttavia ad essere sempre
presenti nello stesso momento.
Nel
cuore di antiche cerimonie e raduni, rituali ed eventi sciamanici, così
come nei loro equivalenti contemporanei, dimora la consapevolezza della
vita come una vasta produzione teatrale multidimensionale. Questi
eventi erano e sono momenti di profonda riunione, con tutti gli attori e
i personaggi che si riuniscono e sono riconosciuti, mentre hanno pure
l’opportunità di scambiarsi i ruoli, esplorare nuove storie, stabilire
altre connessioni o lasciare andare quelle vecchie. E soprattutto,
questi raduni attirano anche registi e produttori, coloro che gestiscono
l’intera commedia o dramma della vita.
Il
Leone è tradizionalmente il segno del teatro, del dramma, degli attori e
di tutti coloro che brillano sulla ribalta della vita. È associato con
il potere regale, l’oro alchemico ed il Sole. Tuttavia, con tutto il
rispetto, non è il sole che va e viene, cambiando drasticamente i suoi
effetti secondo i mutamenti stagionali o giornalieri. Non è nemmeno
esclusivamente il sole dei monarchi e delle stelle dello spettacolo, dei
riconoscimenti accademici e dei leader politici. È un Sole interiore
profondo, in grado di concedere generosi doni in ogni momento.
Possiamo
trovare questo Sole costante recuperando le nostre parti nascoste e
negate, riconoscendo ciò che è stato eliminato dalla nostra coscienza.
Sorprendentemente, per trovare la vera sorgente della luce dobbiamo
lavorare nell’oscurità, affrontando tutte le apparenti aree d’angoscia e
tormento. Dobbiamo sospendere i nostri giudizi e riuscire a riconoscere
davvero le aree che troviamo difficili da accettare, cessando di agire
come se non esistessero o considerarle come orribili e prive di senso.
E
se le parti che troviamo difficile accettare in noi stessi finissero
per rivelarsi le nostre migliori qualità e i nostri doni più belli?
Potremmo
essere così spaventati dalla vera luce e vita, così pieni di vergogna e
pregiudizi sui nostri autentici tesori, da nasconderli, e mostrare
invece al mondo le nostre parti peggiori, credendo paradossalmente che
siano le migliori. Molti di noi si sforzano di esprimere ciò che è morto
nella loro vita, reprimendo invece ciò che è vivo, conformandosi ad un
mondo ossessionato dalle apparenze convenzionali e tralasciando lo
splendore del loro Sole interiore.
Tuttavia,
indipendentemente da come tentiamo di nasconderla, questa luce ritorna
regolarmente e brilla su di noi. Risplende su tutti i punti cruciali del
nostro sentiero. Ci incoraggia a lasciar andare i nostri copioni e
ruoli obsoleti, ciò che è morto e desidera fare il suo corso. Essa
risplende su quelle parti fiorenti che siamo realmente destinati a
recitare e danzare nel teatro della vita.
Vi auguro la feconda maturazione di tutti i tesori generosamente disponibili per voi da godere e condividere con i vostri cari.
Image: by Waterhouse
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http://astrosciamanesimo.blogspot.de/2013/08/astrosciamanesimo-libro-uno-dopo-10.html
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