giovedì 31 luglio 2014

Lammas, 1 agosto


Lughnasadh Lammas è uno degli otto cosiddetti festival celtici, tradizionalmente associato con il primo di agosto.

Nacque come una festa per celebrare la divinità irlandese della luce, Lugh, e in seguito incorporò tutte le principali divinità del raccolto. L’evento onora l’inizio della stagione della mietitura con raduni comunitari e mercati. È il culmine del calore e della luminosità, dell’esuberanza e della performance. È anche la festa funeraria del dio della luce, che implica pure il riconoscimento del freddo e dell’oscurità, l’altra polarità del ciclo. Questo aspetto è celebrato dalla canzone folk "John Barleycorn Must Die".

Quando la vita sembra essere al massimo da un lato, la morte prospera dall’altro. Perciò a Lughnasadh, come in tutte le vere celebrazioni olistiche, sono comprese tutte le polarità, e tutti e tutto, sacro e profano, trovano il loro spazio di santità nella ruota dell’esistenza.

Vita e morte, giorno e notte, luce e buio, tutte le coppie d’opposti esistono simultaneamente in ogni momento. Quando l’emisfero settentrionale è nel bel mezzo dell’estate, nell’emisfero meridionale l’inverno regna supremo, mentre il sole sorge in una parte del mondo, tramonta in un’altra. E in questa estate italiana così imprevedibile, le polarità sembrano essersi stancate di questa noiosa alternanza, per cui amano mescolarsi e uscire fuori dagli schemi.

Con la nostra percezione limitata sperimentiamo la vita in modo lineare, abituandoci e attaccandoci a una polarità e trascurando l’altra finché con il tempo, spesso con disagio e incredulità ciò che è ignorato inevitabilmente prende il sopravvento. Possiamo anche lavorare sodo per impedire al lato opposto di emergere, negandolo e reprimendolo, e rimanere attaccati ostinatamente ad una realtà separata. Potremmo essere morti, e tuttavia credere di vivere, o potremmo essere vivi, e presumere di essere morti.

Così come c’è una parte in noi che fiorisce con la vita, ce n’è un’altra morta. Mentre un lato è gioioso, un altro è triste, uno è buio e l’altro luminoso, povero e ricco, ammalato e sano, e così via. Tutti gli opposti vivono dentro di noi, interagendo e fondendosi continuamente, e mentre alcuni brillano sulla scena, altri si nascondono dietro le quinte, aspettando il loro turno. Continuano tuttavia ad essere sempre presenti nello stesso momento.

Nel cuore di antiche cerimonie e raduni, rituali ed eventi sciamanici, così come nei loro equivalenti contemporanei, dimora la consapevolezza della vita come una vasta produzione teatrale multidimensionale. Questi eventi erano e sono momenti di profonda riunione, con tutti gli attori e i personaggi che si riuniscono e sono riconosciuti, mentre hanno pure l’opportunità di scambiarsi i ruoli, esplorare nuove storie, stabilire altre connessioni o lasciare andare quelle vecchie. E soprattutto, questi raduni attirano anche registi e produttori, coloro che gestiscono l’intera commedia o dramma della vita.

Il Leone è tradizionalmente il segno del teatro, del dramma, degli attori e di tutti coloro che brillano sulla ribalta della vita. È associato con il potere regale, l’oro alchemico ed il Sole. Tuttavia, con tutto il rispetto, non è il sole che va e viene, cambiando drasticamente i suoi effetti secondo i mutamenti stagionali o giornalieri. Non è nemmeno esclusivamente il sole dei monarchi e delle stelle dello spettacolo, dei riconoscimenti accademici e dei leader politici. È un Sole interiore profondo, in grado di concedere generosi doni in ogni momento.

Possiamo trovare questo Sole costante recuperando le nostre parti nascoste e negate, riconoscendo ciò che è stato eliminato dalla nostra coscienza. Sorprendentemente, per trovare la vera sorgente della luce dobbiamo lavorare nell’oscurità, affrontando tutte le apparenti aree d’angoscia e tormento. Dobbiamo sospendere i nostri giudizi e riuscire a riconoscere davvero le aree che troviamo difficili da accettare, cessando di agire come se non esistessero o considerarle come orribili e prive di senso.

E se le parti che troviamo difficile accettare in noi stessi finissero per rivelarsi le nostre migliori qualità e i nostri doni più belli?

Potremmo essere così spaventati dalla vera luce e vita, così pieni di vergogna e pregiudizi sui nostri autentici tesori, da nasconderli, e mostrare invece al mondo le nostre parti peggiori, credendo paradossalmente che siano le migliori. Molti di noi si sforzano di esprimere ciò che è morto nella loro vita, reprimendo invece ciò che è vivo, conformandosi ad un mondo ossessionato dalle apparenze convenzionali e tralasciando lo splendore del loro Sole interiore.

Tuttavia, indipendentemente da come tentiamo di nasconderla, questa luce ritorna regolarmente e brilla su di noi. Risplende su tutti i punti cruciali del nostro sentiero. Ci incoraggia a lasciar andare i nostri copioni e ruoli obsoleti, ciò che è morto e desidera fare il suo corso. Essa risplende su quelle parti fiorenti che siamo realmente destinati a recitare e danzare nel teatro della vita.

Vi auguro la feconda maturazione di tutti i tesori generosamente disponibili per voi da godere e condividere con i vostri cari.

© Franco Santoroinfo@astroshamanism.org

Image: by Waterhouse

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