Mentre la Settimana Santa si dipana, con questo articolo intendo esplorare il perdono partendo da una prospettiva cristiana tradizionale.
In passato ho avuto spesso opinioni pregiudiziali sul cristianesimo tradizionale e la Chiesa ufficiale. Quest’attitudine è sovente comune tra molti amici che incontro sul sentiero. Alcuni di loro, sebbene nati in paesi cristiani, a malapena posseggono nozioni sul cristianesimo a parte quello che hanno sentito o letto in ambienti spirituali alternativi e qualche pallida memoria dell’infanzia.
Sebbene non sia in sintonia con il fondamentalismo religioso o l’arida teologia che percepisco in certi aspetti del cristianesimo tradizionale, ciò non significa che il bambino va gettato via insieme all’acqua sporca. In effetti, imparare a discriminare tra il bambino e l’acqua sporca è la lezione fondamentale del perdono. E qui diventare fondamentalista nei confronti di ciò che percepisco come fondamentalismo, certamente non aiuta.
Possiamo percorrere il sentiero della guarigione solo se cessiamo di condannarci reciprocamente, solo se smettiamo di focalizzarci su quello che percepiamo sbagliato negli altri. Vedere il Volto di Dio (inteso come la nostra identità spirituale centrale collettiva, l’unità suprema o Identità Multidimensionale Centrale) in tutti i nostri fratelli e sorelle è l’obiettivo di Un Corso in Miracoli, ma anche sin dai tempi più antichi, di molte religioni tradizionali e del cristianesimo.
Quando mi confronto con forti rancori verso una tradizione, è forte tentazione di criticare o abbandonare quella tradizione e percorrere un’altra via. Su un sentiero spirituale i rancori fanno parte della confezione ed è inevitabile incontrarli indipendentemente da dove sono o dove vado. Allo stesso tempo Dio cammina con me ovunque io vado, il che significa che i rancori irrisolti continuano a seguirmi finché non sono curati con l’aiuto di Dio.
Per scopi didattici può essere utile talvolta lasciare la propria tradizione al fine di esplorare espressioni di rancori e cure alternativi. E forse l’insegnamento più importante a questo riguardo è rendersi conto che alla fine c’è un solo rancore e un solo Dio. Il rancore è la separazione, o l’assenza d’Amore, e Dio è l’Unità, o la presenza d’Amore, e lo strumento di guarigione è il perdono.
Il cristianesimo tradizionale fornisce numerosi riferimenti per quanto riguarda il perdono. Uno dei più notevoli e conosciuti appare nel Nuovo Testamento ed è la trilogia della Parabola della Pecorella Smarrita (Luca 15: 4-7) la Parabola della Moneta Perduta (Luca 15: 8-10) e la Parabola del Figliol Prodigo.
Quest'ultima parabola appare in Luca 15:11-32 e racconta la storia di un uomo con due figli. Il più giovane chiede e ottiene la sua parte d’eredità mentre il padre è ancora vivo, e se ne va in un paese lontano, dove sperpera tutte le sue risorse. Soffre poi la miseria e la fame, finché rientra in sé e decide di tornare a casa. “Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi garzoni.” Così torna a casa da suo padre e “quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.” Il figlio dice: “Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio.”
Ma il padre non presta alcuna attenzione alle sue parole e tutto eccitato chiama i servi e dice: “Presto! Portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato.” E cominciarono a far festa. Il fratello maggiore geloso del comportamento del padre verso il fratello indegno, si lamenta: “Io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito a un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso!” Gli risponde il padre: “Figlio, tu sei sempre con me, e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.”
Questa storia è particolarmente toccante perché molti di noi possono identificarsi col Figliol Prodigo, e sentire Dio come un padre che ama incondizionatamente. Qui il perdono arriva istantaneamente. Il padre non è interessato ad ascoltare la confessione e il pentimento del figlio. Tutto ciò che desidera è festeggiare. Un’idea convenzionale sul perdono è che può arrivare soltanto dopo la piena confessione di tutti i peccati, il pagamento di un’indennità attraverso la sofferenza o altre compensazioni, la garanzia che il peccato non sarà commesso di nuovo e un periodo di verifica per mettere alla prova il penitente. Questa è l’idea del perdono che spesso molti proiettano sulla Chiesa Cattolica o altre denominazioni tradizionali. Tuttavia è un concetto molto antiquato, che è stato definitivamente abbandonato sin dal Concilio Vaticano II e non si applica più alla Chiesa corrente.
La cosa più straordinaria nella parabola è che quando il padre vede il figlio arrivare da lontano, gli corre incontro con abbracci e baci. Non è interessato ad ascoltare alcuna confessione o parola di pentimento. Ciò che conta è che il figlio è tornato. Egli non ha bisogno di implorare alcun perdono poiché è già stato perdonato. Ciò che si rivela qui è il Dio amorevole che ci vede senza peccato. Per quanto gli riguarda non c’è nulla da perdonare. Il perdono dipende solo dalla nostra iniziativa di ritornare a Dio, e non dalla misericordia di Dio.
In un’omelia di un vescovo trasmessa da una radio cattolica americana ho ascoltato un giorno un altro importante riferimento al perdono. Sorprendentemente non era tratto dalla Bibbia o da un testo cristiano, ma da Zorba il Greco, il famoso romanzo di Nikos Kazantzakis, dal quale è stato tratto anche il popolare film interpretato da Antony Quinn.
Zorba è un uomo anziano vibrante e genuino che incorpora lo spirito orgiastico di Dioniso, l’archetipo dell’estasi, della sensualità e dell’esuberanza. Quando ero un sannyasin di Osho ho sentito spesso Osho parlare di Zorba come il modello dell’uomo nuovo e la sua spiritualità non ortodossa in contrasto con la religione ordinaria. Per Osho l’uomo nuovo è Zorba il Buddha, una combinazione tra Zorba il Greco e Gautama il Buddha. “Egli sarà Cristo ed Epicuro insieme. La religione ha fallito perché si è distaccata troppo dal mondo. Ha trascurato questo mondo. E non si può trascurare questo mondo; trascurare questo mondo significa trascurare le proprie radici.” (Osho, The Times of India, 8 giugno 2004). Per questo sono rimasto stupito nel sentir parlare di Zorba in un’omelia di un vescovo cattolico. Il vescovo citava il brano che segue nel quale Zorba descrive la sua idea di Dio:
“Penso che Dio sia esattamente come me. Solo più grande, più forte, più pazzo. E immortale per giunta. Sta seduto su una pila di soffici pelli di pecora, e la sua capanna è il cielo. […] Nella mano destra non tiene un coltello o una bilancia - quei dannati strumenti sono destinati ai macellai e ai droghieri – no, tiene una grande spugna piena d’acqua, come una nube densa di pioggia. […] Ed ecco che arriva un’anima; la povera creatura è completamente nuda perché ha perso il suo mantello – il suo corpo intendo – ed è tutta tremante. [...] L’anima nuda si getta ai piedi di Dio. ‘Pietà!’ implora. ‘Ho peccato.’ E comincia a recitare i suoi peccati. Recita una lunga tiritera che non finisce più. Dio pensa che è troppo per essere vero. Sbadiglia ‘Per amor del Cielo, basta!’ grida. Ho sentito abbastanza!’ Flap! Slap! Un colpo di spugna e lava via tutti i peccati. ‘Vai via, vattene, corri in Paradiso!’ dice all’anima. […] Perché Dio, sai, è un gran signore, e questo è ciò che significa essere un signore: perdonare!”
Quello che il Figliol Prodigo e Zorba hanno in comune è l’accento sull’amore incondizionato e il disinteresse per la penitenza. Questo può causare rancori e disagio a coloro che vedono il perdono in relazione al dolore e al sacrificio. Ciò che può essere difficile da accettare è l’idea di un Dio che ama incondizionatamente, senza aspettarsi nulla in cambio. Questo provoca il contrasto con l’amore che arriva soltanto come risultato di aver fatto qualcosa per meritarlo, un amore che dipende dalla quantità di peccati e buone azioni. Ma l’amore di Dio non è calcolatore, non tiene un coltello o una bilancia come un macellaio o un droghiere, come dice Zorba. Il suo amore è gratuito, non importa se crediamo di esserne degni o meno. E perfino se rifiutiamo di riceverlo quest’amore continua ad essere disponibile per noi finché sceglieremo di accettarlo.
“Dio non perdona perché non ha mai condannato. Colui che non ha nulla per cui essere incolpato non può incolpare, e coloro che hanno accettato la loro innocenza non vedono nulla da perdonare. Tuttavia il perdono è il mezzo attraverso il quale riconoscerò la mia innocenza. È il riflesso dell’Amore di Dio sulla terra. Mi porterà così vicino al cielo che l’Amore di Dio potrà scendere su di me ed elevarmi a Lui.” (UCIM, L, L60, 1)
Il perdono, inclusa la tradizionale Assoluzione dei peccati (com’è concepita dalla Chiesa Cattolica con il nuovo Rito di Riconciliazione approvato nel 1973) non genera qualcosa che prima era assente. Al contrario è il riconoscimento e l’accettazione dell’amore di Dio come già ed eternamente presente. Non è l’elargizione di un’autorità in seguito alla contrizione o all’ammissione dei peccati. È la rivelazione di un Amore che “era nel principio, ora e sempre, nei secoli dei secoli.”
Ciò che fa scattare la consapevolezza di tale Amore è il semplice atto di stare di fronte a Dio, e scegliere di non nascondersi più all’Amore. L’ingresso è gratuito, ma per entrare occorre il mio consenso. È la decisione del Figliol Prodigo di tornare a casa, e non le sue parole di pentimento o eventuali compensazioni, che attivano quell’Amore. Il figlio non ha bisogno di spiegare o provare niente al padre per ricevere il suo amore, ma se continua a nascondersi da suo padre non lo riceverà mai. E non appena il figlio decide di tornare, anche se è ancora lontano, il padre lo vede e gli corre incontro, abbracciandolo e baciandolo, e attivando i festeggiamenti.
Il perdono è un atto celebrativo, una festa gioiosa che coinvolge tutti quelli che hanno fatto lo stesso viaggio del Figliol Prodigo. Esso comprende sia l’asse verticale invisibile che il livello orizzontale della nostra realtà umana. Avendo sperimentato l’amore incondizionato attraverso la connessione verticale con Dio, abbiamo il potere di espanderlo orizzontalmente, perdonando noi stessi, e tutti i nostri fratelli e sorelle, tutti e tutto, come parte di questa comune rete della vita. Questo è il sublime banchetto del perdono al quale tutti sono invitati.
Ora vorrei riferire un’altra storia sul perdono, estratta da una vicenda personale.
Stavo navigando su internet in cerca di un canto da usare durante il seminario. Volevo qualcosa con il tema del Benedictus (il cantico di Zaccaria usato quotidianamente nella Liturgia delle Ore del mattino). Ho digitato “Benedictus” su iTunes e ho trovato diversi canti. Erano tutti inni religiosi classici, tranne uno classificato come “rock”, ossia Benedictus degli Strawbs, un gruppo rock inglese della fine degli anni ’60-inizio ’70. Ho scaricato subito un brano. Fin dalle prime note mi è sembrato molto familiare. Ho controllato le informazioni più dettagliatamente e quando ho visto l’immagine sulla copertina dell’album ho rievocato un episodio passato della mia vita.
Accadde nell’autunno del 1971, all’età di 14 anni, quando stavo per iniziare la scuola superiore. A quei tempi ero affascinato dalla musica pop britannica. A dire il vero, piuttosto che dalla musica in sé, che difficilmente avevo l’opportunità di ascoltare, quello che mi attraeva era il mistero evocato dalle immagini sulle copertine degli album e dai titoli delle canzoni. Poiché il mio inglese era molto povero, non sapevo cosa significassero, e questo contribuiva ad aumentare il mistero.
Visitavo regolarmente i reparti discografici dei supermercati e passavo molto tempo curiosando tra i dischi. Un giorno rimasi incantato dalla copertina di un singolo. Il suo accattivante richiamo fu tale che non potevo farne a meno. Mi resi conto che avevo lasciato il portamonete a casa e non avevo soldi con me. Tuttavia l’esca mi aveva totalmente intrappolato e tutto quello che riuscivo ansiosamente a pensare era come fare per rubare il disco. Quando la tensione raggiunse il culmine, misi rapidamente il disco sotto il maglione e mi avviai all’uscita. Corsi per un po’ e poi mi fermai sicuro che nessuno mi stava inseguendo. Ma due robuste guardie emersero gridando contro di me. Era troppo tardi ormai per scappare. Mi afferrarono e mi portarono nell’ufficio del supermercato. Fui minacciato, intimidito e costretto a confessare se avevo rubato altri articoli prima. Poi mi dissero che prima avrebbero chiamato i miei genitori e poi la polizia. Li implorai di non chiamare i miei genitori, ma non ci fu modo di convincerli.
Fu come una crocifissione, con la differenza che invece di essere Gesù ero uno dei ladroni, e per di più Gesù non era nemmeno lì, il che significava che non c’era nessuna speranza di essere salvato. La scena del funzionario che chiamava mio padre fu la più scioccante che ho mai sperimentato. Mentre il funzionario spiegava quello che era accaduto sentivo il gelo scorrere nelle mie vene. Non c’era modo in cui potevo cercare di giustificarmi o dare un senso al mio misfatto. Che vergogna per la mia famiglia! Per di più non eravamo per niente poveri, e avevo soldi per comprare tutti i dischi che volevo.
Alla fine arrivò mio padre. La sua faccia era bianca come un lenzuolo nuziale, beh…intendo un lenzuolo nuziale prima dell’arrivo dei novelli sposi. Dopo una lunga serie di mortificanti osservazioni che mio padre dovette sopportare, il funzionario decise di non chiamare la polizia e, dietro il pagamento di una multa, ci lasciò andare.
La mia vergogna era paralizzante. Non ricordo se balbettai qualche parola o meno. Quello che ricordo era il silenzio di mio padre, che rendeva la situazione ancora più drammatica. Prevedevo le più severe punizioni e ammonizioni, mentre mi arrendevo al mio destino, pronto a sottomettermi a qualunque verdetto. Poi, inaspettatamente, mio padre mi prese la mano e, dopo un breve silenzio, disse: “Non dire niente a tua madre”. Non aggiunse nient’altro, né chiese alcuna spiegazione. Non espresse alcun rimprovero verbale o non verbale. Continuò semplicemente a stare in silenzio finché arrivammo a casa. Nel suo silenzio potevo percepire la poesia più amorevole, che benediceva il mio cuore come un dono del Cielo e della Terra. Quando finalmente arrivammo a casa e incontrammo mia madre, egli si comportò normalmente come se nulla fosse accaduto. Non fece mai più riferimento a quell’episodio.
Mentre scrivo tutto questo mi rendo conto che sto rivelando un segreto, che credo sia un atto legittimo dal momento che entrambi i miei cari genitori non sono più in questo mondo. Dopo avermi benedetto con la Loro presenza fisica e insegnato come vedere il Loro Volto, mi hanno affidato alle cure dei miei Padre e Madre divini, che mi supportano, mi proteggono e mi guidano in ogni cosa, o per lo meno questo è ciò che sto imparando a riconoscere. La loro sollecitudine per me è infinita e sta con me per sempre. Sono eternamente benedetto come Loro Figlio.
E che ne fu del disco? Poiché il suo solo pensiero era sufficiente a farmi rabbrividire, lo nascosi in un cassetto finché, dopo diversi mesi, lo ritrovai per caso. Lo suonai allora e mi piacque molto la musica e la voce, ma non capivo nulla delle parole, né avevo idea circa l’argomento della canzone. Credo che il disco si sia perso perché non l’ho più visto in giro negli ultimi 30 anni. Quando sabato scorso ho ascoltato quella canzone, ho potuto finalmente capire le parole. Eccole tradotte in fondo, dopo il video musicale con la canzone, come conclusione di questa trilogia benedetta sul perdono
Buona Pasqua, Franco.
Buona Pasqua, Franco.
Benedictus di Strawbs
Il vagabondo deve andare lontano / umile e con costanza andare /nei sentieri di saggezza
Distante è l’ombra del tramonto.
Benedici il giorno / Benedici la notte / Benedici il sole che ci dà luce / Benedici il tuono
Benedici la pioggia /Benedici tutti coloro che ci causano dolore.
Stelle dorate ci mostrano la via / Tutte le deviazioni portano fuori strada
Finché mantiene la sua fermezza / Fortuna e benevolenza certamente lo seguiranno.
Benedici l’uomo libero / Benedici lo schiavo / benedici l’eroe nella sua tomba
Benedici il soldato / Benedici il santo / Benedici tutti quelli i cui cuori diventano deboli
© Franco Santoro, Cluny Hill College, Forres IV36 2RD, UK, info@astroshamanism.org
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fortissimamente toccante
RispondiEliminabuona Pasqua Franco :)