mercoledì 18 gennaio 2012

Nell'Acquario (di Franco Santoro)

Il Sole entra in Acquario il 20 gennaio 2014 alle 4:51 ora italiana.

Il ciclo solare dell'Acquario può essere un periodo d’improvvisi cambiamenti e contrasti, comprendente picchi stridenti di ribellione, rivoluzione e inventiva, come anche assoluta semplicità, nudità, quiete e silenzio. 

Questo tempo acquariano, è eccellente per rilasciare qualunque cosa ci rende inconsapevoli e separati, promuovendo una vigile consapevolezza e mettendo in discussione ciò che diamo per scontato riguardo a quel che vediamo o facciamo.

Ad esempio, se guardiamo gli oggetti o le persone presenti nel nostro ambente quotidiano, e qualunque cosa o chiunque ci appare conosciuto e familiare, li vediamo davvero, o stiamo semplicemente proiettando su di loro idee o esperienze passate? 

Che cosa sappiamo di loro a parte quello che abbiamo imparato in passato?

Allora, sono davvero familiari? 

Li vediamo e li conosciamo realmente? 

Ammettere che non è così, lungi dall’essere un fallimento, è il primo enorme passo sulla via della guarigione e del perdono. Ora possiamo scegliere di mettere da parte i giudizi, aprendo sinceramente occhi e orecchie, per imparare ad ascoltare e a vedere. E quando siamo disponibili a fare questo, la porta dei miracoli si schiude.

La nostra percezione umana affonda le radici in un passato basato su separazione, isolamento, privazione e mancanza, proiettati su ogni cosa e persona. Questo ci mantiene in uno stato di continua cattività, che domina come l’unica realtà possibile, fino a quando non decidiamo di metterla in discussione e lavorare strenuamente, ma con gioia, per riconquistare la libertà originale. 

Il primo passo in questo processo è la purificazione, il perdono, il rilascio di tutte le congetture deteriorate che ingombrano la nostra mente, senza tuttavia precipitarsi a rimpiazzarle con idee nuove e riempire la nostra coscienza con ulteriore confusione. 

“I miracoli sono un diritto di tutti, ma prima è necessaria la purificazione.” (UCIM, T1.1:7).

Alma-Tadema, Tepidarium
La sfida dell’Acquario è soffermarsi nella quiete che giunge dopo il vero perdono, la silenziosa nudità del vuoto, la scintillante trasparenza dell’anima, superbamente rappresentata dalla carta della Stella nei tarocchi. È spogliarsi e rimanere interamente nudi, nel Tepidarium dell’anima, accettando di essere profondamente purificati in ogni parte del nostro essere. 

L’Acquario è la profonda immobilità che segue la furia di una tempesta devastatrice nella notte, quando tutto è ancora pervaso dall’oscurità. Ma sebbene la paura sembra regnare ancora suprema, un silenzio innocente emerge, scivolando furtivamente oltre la porta della liberazione e della redenzione. E in questo silenzio, gli incubi e il terrore svaniscono, facendo strada all’unica incondizionata presenza dell’Amato.

L'Acquario è anche tempo di Carnevale, il periodo di festa non-ordinario più lungo dell'anno. Durante i giorni carnevaleschi l'ordine sociale è sospeso provvisoriamente, concedendo l'espressione di configurazioni alternative.

L'Acquario costituisce in vero la libera emergenza di configurazioni alternative, l'affrancamento dalla stagnazione della realtà ordinaria, talvolta in modo provocatorio, eppure condita da profonda purezza interiore ed autenticità.

I film del regista francese F. Truffaut, con Sole e Luna in Acquario, sono un'esemplificazione dello spirito acquariano, nei suoi aspetti sia uraniani sia saturnini.

A seguire alcune immagini dal film Jules et Jim, con Jean Moreau, pure con Sole e Luna in Acquario, in una dinamica di rapporto uraniana.


Per chi è in vena di rapporti più tradizionali, l'Acquario si propone in veste saturnina promuovendo l'odio per la provvisorietà 
(vedi sotto tratto da L'uomo che amava le donne di Truffaut)


Spesso vi sono pregiudizi verso gli acquariani (da L'uomo che amava le donne di Truffaut)



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martedì 17 gennaio 2012

La Stella (Acquario): Viaggio Astrosciamanico nei Tarocchi (di Franco Santoro)

Gli articoli di questa serie sono semplicemente una panoramica introduttiva sull’argomento. 
Per l'articolo introduttivo a questa serie, clicca qui
Per l'edizione originale in inglese clicca qui. 

La Stella è la diciassettesima carta degli Arcani Maggiori, che nella maggior parte dei mazzi tradizionali è associata con l’Acquario. 

Nei Tarocchi di Rider Waite la Stella raffigura una donna nuda inginocchiata presso una pozza d’acqua, con un piede nell’acqua e l’altro sul terreno. Tiene due brocche: una con la mano destra, dalla quale versa un liquido nell’acqua, e una con la sinistra, che usa per versare il liquido sulla terra. Sullo sfondo si vede un uccello su un albero, mentre al di sopra della donna c’è una grande stella a otto punte, insieme a sette stelle più piccole, per un totale di otto stelle.

Da una prospettiva gnostica le otto stelle rappresentano le otto sfere stellate al di là dei pianeti visibili, la  porta del Cielo e di ciò che esiste oltre la consapevolezza umana. A questo riguardo la donna nuda è collegata a Sophia, una rappresentazione dell’anima umana nella sua purezza, l’estrema e più bassa emanazione di Dio, e la mistica Sposa di Cristo. Versando acqua sulla terra e nella pozza la donna mostra maestria nell’arte sciamanica di combinare le polarità, che è ciò che permette alfine la vera ascensione ai regni più elevati.

Dopo le figure burrascose del Diavolo e della Torre, la Stella porta un radicale sereno cambiamento, che dà un inevitabile senso di calma e sollievo. Annuncia la fine di un periodo di turbolenza e il ritorno di pace e stabilità. 

Questo mi ricorda una famosa poesia di Giacomo Leopardi, intitolata La quiete dopo la tempesta “Passata è la tempesta: odo augelli far festa, e la gallina, tornata in su la via, che ripete il suo verso. Ecco il sereno rompe là da ponente, alla montagna; sgombrasi la campagna...” Questo specialmente perché la vera calma a cui Leopardi si riferisce alla fine della poesia, lungi dal risiedere nella cessazione provvisoria di problemi e sofferenze, dimora in una dimensione che esiste oltre la nostra mortale consapevolezza, generalmente fornita solo con la morte. “il duolo spontaneo sorge e di piacer, quel tanto che per mostro e miracolo talvolta nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana prole cara agli eterni! Assai felice se respirar ti lice d’alcun dolor: beata se te d’ogni dolor morte risana”. (Per un video su “La quiete dopo la tempesta” clicca qui.)

La morte in questo caso è la morte della personalità, l’identità egoica basata sulla falsa percezione e la separazione. Non è una morte fisica, ma piuttosto un momento di epifania in cui ciò che era offuscato dall’ego finalmente emerge, procurando un senso di inaspettato sollievo, equilibrio e armonia. Il temporale può arrivare di nuovo, e tuttavia la Stella porta l’accresciuta consapevolezza che lo spazio di calma tornerà e che la sua presenza può essere continua se impariamo a rimanere connessi.

La Stella è generalmente una delle carte più attraenti, che la maggior parte delle persone ama, perché dà un’immediata sensazione di guarigione e pace, suggerendo un aiuto inaspettato, o un dono che spesso arriva all’improvviso. Di conseguenza è gradita nelle letture, specialmente in momenti di sofferenza e buio. Poiché la Stella è molto lontana nel cielo, non fornisce necessariamente soluzioni pratiche ai problemi terreni, che probabilmente resteranno tali se non si agisce in modo pragmatico. 

Tuttavia la Stella porta il dono della speranza, della benedizione e dell’ispirazione, che sono sicuramente argomenti molto motivanti al fine di promuovere azioni pratiche. Per questo quando la Stella arriva in una lettura può essere un segno che siamo sulla pista giusta e anche che le nostre intenzioni sono benedette. E tuttavia, al fine di manifestare queste intenzioni abbiamo bisogno di andare oltre, abbracciare la benedizione e fare ciò che è necessario.

Celestial Virgin di Augustus Knapp
La Stella ha una profonda connessione con i misteri della Vergine Maria, alla quale si fa riferimento anche con il titolo di Stella Maris, Stella del Mattino e Regina del Cielo. Maria è spesso tradizionalmente raffigurata con una corona di 12 stelle sul capo (Apocalisse 12:1). 

Durante il recente Ritiro Spirituale di Fine Anno, abbiamo celebrato un rituale il primo di gennaio, che nel calendario cattolico è una solennità dedicata a Maria, Madre di Dio. In quell’occasione ogni partecipante ha stabilito una connessione con la propria stella. Secondo molte leggende c’è una stella che brilla per ognuno di noi durante la vita e mostra anche la via del ritorno a casa quando la vita qui è finita. 

Questo rituale del Nuovo Anno è stato accompagnato dal suono di diverse versioni di Stella Splendens, un popolare canto polifonico dal Llibre Vermell de Montserrat. E poiché sto scrivendo tutto questo nel giorno dell’Epifania, con l’energia della stella molto intensa nel mio corpo, ne ho avuto a sufficienza e non posso scrivere altro!

La connessione con le stelle dimora nelle radici più profonde della nostra natura. I nostri corpi fisici sono il risultato di una fusione generata dall’esplosione di una grande stella, una supernova che ha prodotto infine tutti gli ingredienti del mondo fisico. 

Come fa notare Robert Kirshner, professore di astronomia di Harvard, “le supernove hanno creato gli elementi che diamo per scontati – l’ossigeno che respiriamo, il calcio nelle nostre ossa, e il ferro nel nostro sangue sono prodotti delle stelle”. 

Siamo nati dalle stelle, e la connessione con il regno delle stelle ci consente di essere collegati alla nostra dimora originale, da dove proveniamo noi e il nostro autentico intento. Il potere delle stelle è l’elemento di trasformazione dell’universo intero e le stelle operano come insegnanti, educandoci ad andare avanti e a rinnovarci.

Dedico il canto “Stella Splendens” a tutti i lettori e a tutti coloro che non cessano di essere innamorati della Stella, e delle stelle, sostenendo costantemente il suo, e loro, tenero appassionato abbraccio con la Terra. 


Lo dedico anche a coloro che hanno momentaneamente perduto il loro amore per la Stella e le stelle, sapendo che quest’amore continua ad essere disponibile sempre, su nel cielo e nel riflesso delle stelle giù sulla terra, e dentro di noi. Dopo tutto, come canta Des’ree “in questo grande meraviglioso universo, siamo le stelle sulla terra”.

Mi appassiona così tanto “Stella Splendens”! Al solo udire un piccolo frammento della sua musica le stelle iniziano a vibrare dentro e fuori di me, spontaneamente, senza alcuno sforzo. Sì, perché, che ci piaccia o non, siamo fatti di stelle, e anche quando siamo impantanati in pensieri cupi, le stelle continuano a far brillare la luce di chi siamo veramente.


E allora, per l’amor di Dio, godiamoci queste stelle!

E poi, se mi metto a danzarla questa musica, ebbene, quello che arriva è tutto ciò che avrei voluto sempre scrivere sulle stelle (ma avevo paura di dire).


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mercoledì 11 gennaio 2012

Il Vecchio Rudere (di Franco Santoro)


Sono nato a Bologna in una vecchia casa in via Santa Margherita, molto vicino a Piazza Maggiore e nel pieno centro cittadino. 

Non posseggo memorie vivide riguardo la mia casa natale poiché i miei genitori si spostarono in una nuova casa quando avevo due anni. Per quanto concerne la mia vita nella casa originaria, faccio riferimento unicamente alle informazioni fornite dai miei genitori. 

Essi non amavano molto parlare di quella casa. Ciò era forse dovuto al fatto che quel luogo ricordava a loro tempi difficili, in cui dovevano lavorare duramente e affrontare ristrettezze economiche. Magari esistevano pure ragioni oscure, almeno questo è ciò che io percepisco in base alla mia natura fortemente Scorpione. 

In vero la mia casa natale l’avvertivo come circondata di profondi misteri. In effetti diventò presto un sito piuttosto macabro e deprimente. Nessuno vi abitava più e nell’elegante zona in cui si trovava la casa rappresentava un ingombrante relitto. Tale presenza deturpava la signorilità dell’ambiente circostante, tanto che varie petizioni furono promosse al fine di eseguirne l’abbattimento. Tuttavia, quella casa continuava a restare al suo posto. 

Era situata a pochi metri dalla nuova casa in via de’ Griffoni. Spesso, quando uscivo, solevo passarci proprio di fronte. In vero, la memoria più antica che sono in grado di riesumare riguarda un episodiche ebbe luogo allorché mi trovai a passeggiare davanti alla vecchia casa. 

Quella esperienza marca inoltre la mia prima esperienza riconosciuta di natura non-ordinaria e francamente anche la più potente. Cercherò di descrivere parte di essa. 

Un giorno, Nonno Sandrino, vale a dire mio nonno materno, mi portò fuori per fare una passeggiata. Egli viveva a San Venanzio di Galliera, un piccolo paese rurale nella bassa bolognese, e usava venire di tanto in tanto in città per fare visita ai miei genitori e a me. Poiché il cambiamento dalla città alla campagna era in quei tempi assai radicale, queste visite credo fossero per mio nonno un’occasione molto speciale ed eccitante. 

Il suo carattere era diverso da quello della maggior parte degli adulti che avevo conosciuto fino a quel momento. Seppure egli si sforzasse di assumere un comportamento adulto, quando eravamo insieme mi sembrava che la sua natura fosse assai simile alla mia. Ciò mi faceva sentire molto a mio agio. 

In quel giorno decidemmo di uscire per visitare il parco cittadino. Mio nonno mi prese per mano e quindi iniziammo a procedere lungo le piccole strade del vecchio centro. Dopo poco passammo di fronte alla casa in via Santa Margherita. 

Immediatamente fui colpito dalla porta di quella casa. Essa era grande e molto vecchia. Sebbene fosse chiusa, e questo era chiaro alla mia vista, mi giungeva pure, con la stessa nitidezza, l’immagine di quello che c’era al di là della porta. 

Mio nonno si fermò e iniziò a scambiare alcune chiacchiere con l’edicolante che aveva il suo chiosco proprio dinanzi alla porta. Ciò mi permise di fissarla con più attenzione. Qualcosa mi attirava magneticamente verso quella porta. Mi pareva di essere sia fuori che dentro l’edificio, mentre la porta rappresentava un ponte tra due mondi in cui dimoravo contemporaneamente. Fuori c’era la strada con tutte la sua vita: mio nonno, l’edicola, il portico, la gente, il traffico, i rumori della strada. Dentro c’era un ambiente totalmente diverso: incantato, dolce, caldo, silenzioso, misterioso e pure molto famigliare. 

Ciò che maggiormente mi stupiva di tutta questa esperienza era il fatto che questa situazione non sembrava affatto nuova per me. Mentre mi trovavo tra le due realtà esistenti dentro e fuori la porta, provavo un gran senso di eccitazione e meraviglia. 

Decisi di avvicinarmi onde cogliere un debole suono che sembrava emanare dalla porta. Mi spostai solo pochi passi e questo mi permise di udirlo distintamente. Era una voce che parlava in un linguaggio inusuale. Non era l’italiano, non era il dialetto bolognese che mio nonno e mia madre solevano impiegare, nemmeno si trattava del dialetto siciliano usato da nonno Francesco, il mio nonno paterno. Potevo udire un idioma totalmente fuori dal consueto e, allo stesso tempo, assai famigliare, tanto che riuscivo a capire tutto. 

In quei tempi avevo problemi ad apprendere l’italiano. Il mio vocabolario era molto limitato e mi risultava faticoso comprendere la maggior parte delle parole contenute in una frase. Inoltre avevo notevoli difficoltà a pronunciare correttamente alcune consonanti. 

Il linguaggio che proveniva dalla porta, al contrario, era molto facile. La voce diceva qualcosa che potrei tentare di tradurre coem segue: 

“O bel del figlio del Cielo, ritorna ad Handor, il tuo luogo di origine. Ti stiamo aspettando”. 

Seppure tutto ciò poteva apparire strano, la voce e il suo messaggio non mi sorprese affatto. Non era la prima volta che la sentivo, seppure non fossi capace di ricordare quando l’avevo udita anteriormente. Ero certo di aver già ricevuto questa chiamata in altre occasioni e proprio davanti alla porta. 

La prima volta che la riconobbi con chiarezza fu quella volta, tuttavia tale momento si sovrapponeva ad altri di cui mi sfuggiva il ricordo e questo creava una misteriosa spirale di incastri che in vero costituiva l’aspetto più potente dell’esperienza. 

“Passa attraverso la porta” diceva la voce e poi si arrestava come per attendere una qualche risposta o azione da parte mia. Guardai attentamente la porta. 

Notai una peculiare forma emergente come un alone attorno agli infissi. Sembrava una specie di grande cono gelato. Pure quel cono mi apparve immediatamente famigliare. L’avevo visto altre volte. Era simile al cappello usato dai Bigini, gli esseri che popolavano i miei giochi e le mie fantasie

I coni gelato costituivano una delle leccornie maggiormente celebrate dai bambini. Poiché io non nutrivo alcun interesse per i cornetti e per tutti i gelati in generale, quello che mi attraeva in quel cono era ben altro. 

“Mi rendo conto della porta e del fatto che essa mi conduce alla mia vera casa” risposi infine, sorprendendomi per il tono disinvolto e sicuro della mia espressione. In rapporto alla mia consueta timidezza e indecisione, tutto ciò appariva alquanto stupefacente. Al che la voce rispose:  “Perché non entri allora?” 

L’invito mi giunse molto allettante. Allo stesso tempo mi sembrava troppo semplice e impulsiva. Decisi di prendermi una pausa per ponderare. 

“In effetti non ci sono poi così tante cose interessanti fuori. Talvolta mi annoio e inoltre ci sono tante cose che mi spaventano e non mi piacciono affatto. Potrei proprio ritornare a questo posto chiamato Handor. Si tratta solo di passare attraverso la porta. E’ molto facile. Mio nonno non se ne accorgerà nemmeno”. 

Stavo quasi per precipitarmi verso la porta quando un’altra voce mi giunse. 

“E i tuoi genitori che ti aspettano nell’altra casa?”. 

Mi bloccai preso da un senso totale di sorpresa. Mi era completamente dimenticato di loro. Ma la cosa che mi sorprendeva e imbarazzava maggiormente era il fatto che, dopo aver recuperato la memoria riguardo i miei genitori, l’attrazione verso la porta continuava ad essere tanto forte quanto prima. 

“Questa porta deve essere davvero molto potente”, riflettei, “Non riesco nemmeno ad andare a letto o nel bagno senza che essi siano presenti. E ora è come se non me importi nulla. Che cosa mi sta accadendo? Forse potrei tornare a casa e raccontare tutta questa storia al babbo e alla mamma”. 

Non appena considerai questa opzione, mi arrivo il ricordo di precedenti tentativi di spiegare situazioni similari, come i Bhi Jinah e i loro cappelli a forma conica. In quelle occasioni i miei genitori fingevano di non ascoltarmi o cambiavano il tema della conversazione. All’inizio reagivano comprandomi un gelato cornetto. La prima volta che lo fecero, fu una tale delusione. Mi trovavo lì con quella roba zuccherosa e appiccicante tra le mani. Ciò mi causò un gran malumore. Dissi loro che non era quello il cono a cui mi riferivo. I miei genitori, solitamente molto disponibili nei miei riguardi, cercarono immediatamente di trovare un maniera per soddisfare i miei desideri. 

Procedettero a comprarmi un altro tipo di cornetto gelato. Questo a prima vista apparve piuttosto interessante. A differenza del precedente, esso era avvolto completamente da una carta dorata. Quando però aprii la confezione e vi trovai semplicemente un’altra versione del gelato precedente, mi irritai molto. I miei genitori si arrabbiarono pure perché pensarono che li stessi prendendo in giro. 

Ebbene, ritorniamo alla porta. Nonno Sandrino, il quale forse mi avevo osservato durante la  mia interazione con la porta, mi chiese che stava accadendo. 

“Forse è meglio che faccio finta di niente e continuo a passeggiare” pensai. Così feci e quindi ci incamminammo verso il parco. Questa mi parve la migliore soluzione poiché mi permetteva di riflettere sul da farsi. 

“Una volta tornati dal parco, passerò nuovamente davanti alla porta. Quindi prima di allora ho tempo sufficiente per riflettere e decidere che fare”. 

Quando giunsi al parco, mi diressi subito verso l’albero più grande che usavo chiamare Albero Grande. Chiesi all’albero un consiglio riguardo la situazione della porta. 

“Tu sai bene ove si trova la porta” rispose l’albero “e vi puoi andare quando vuoi. Rifletti ora. Sei proprio sicuro di volerci passare adesso e da solo? Ti ci è voluto molto tempo per arrivare e quindi a svolgere il Gioco da queste parti”. 

“Quale Gioco?” domandai. 

“Il Gioco del Cono” replicò l’albero. 

“Cosa significa?” chiesi. 

“Si tratta di mettere insieme la gente” spiegò l’albero. 

A questo punto diventai alquanto curioso riguardo al Gioco che mi appariva come un insieme di elementi molto famigliari con altri piuttosto misteriosi. Interrogai nuovamente l’albero al fine di ottenere maggiori ragguagli. 

“Guardati attorno” aggiunse l’albero. Lo feci e vidi il cielo, l’erba del prato, altri alberi, una bicicletta, un gruppo di uccelli, alcuni bambini che giocavano con una palla, le loro madri sedute a chiacchierare sulle panchine, un gatto, mio nonno e altre cose il cui nome non mi era chiaro. Poi con l’immaginazione mi vennero in mente altre persone e cose, come i miei genitori, la nonna, i cugini, gli zii, i miei giocattoli. 

“Ho da passare attraverso la porta con tutta questa gente e cose?” domandai. 

“Sì, e anche qualcosa in più, se vuoi” rispose l’albero. “Dove?” chiesi. 

“Guarda nuovamente a quello che vedi attorno a te nel caso hai dimenticato qualcosa”. 

Non appena l’albero suggerì questa possibilità, mi resi conto che si stava riferendo ai Bhi Jinah. In quel momento quindi iniziai a rendermi conto della loro presenza negli spazi vuoti esistenti tra le forme piene. 

“Devo prendere anche loro?”, chiesi con una certa esitazione. [...] 

“Certamente” rispose l’albero, “E’ con i Bhi Jinah che avrai modo di mettere tutti insieme”. [...] 

“Mi pare un gran bel gioco” commentai “In questo modo ce ne andremo tutti oltre la porta e saremo molto felici. Che bello! Ora che ho compreso bene come stanno le cose, posso dirlo certamente al nonno,  poi alla mamma e al babbo, ecc.”. 

A questo punto l’albero mi fece notare che forse sarebbe stato difficile per loro capire la situazione. Riflettendoci mi resi conto che i miei parenti così come tutti gli altri esseri umani che avevo conosciuto fino a quel momento avevano la tendenza a parlare solo tra di loro. 

“Essi non hanno alcuna conversazione con gli alberi, gli animali, le cose, per non parlare dei Bhi Jinah. Essi chiamano i Bhi Jinah niente e dicono che i grandi non perdono tempo con niente. [...] Come posso mai spiegare tutto ciò?”  

“Come per ogni buon gioco l’uso della pazienza è indispensabile” rispose l’albero. 

“La prima parte del Gioco consiste nel fingere di diventare un essere umano. Si tratta di acquisire familiarità riguardo le costumanze umane. Quando hai conseguito questo obiettivo, la seconda parte concerne la ricerca della porta”. 

“Ma che senso ha?” Io so già dove si trova la porta?” obiettai. 

“Sì, certo, lo sai.” rispose l’albero “Ma una volta che poni tutta la tua attenzione nel comportarti come un essere umano è molto probabile che ti dimenticherai della porta. Come tu sai bene, gli esseri umani parlano solo tra di loro e non vedono i Bhi Jinah... La seconda parte del Gioco è estremamente eccitante poiché comporta una serie di trucchi. Non mi dilungo oltre su questo tema. Mi limito a dirti che la seconda parte del Gioco si conclude con il ritrovamento della porta. Ebbene, una volta che trovi la porta, la terza parte del Gioco ha inizio. Essa riguarda il passaggio attraverso la porta sia da parte tua che degli altri. E’ la fase cruciale del Gioco e, in quanto tale, pure la più difficile. Poiché nell’atto di coinvolgere gli altri può capitare di perdere di vista nuovamente la porta, spesso succede che occorre ritornare nuovamente nella seconda parte onde ripetere la fase di ritrovamento della porta. Questo è il Gioco del Cono. E’ un vecchio gioco ed è assai divertente. Inoltre finisce sempre  bene. Questo non significa che si tratta di un gioco facile. Sovente non sembra affatto un gioco Ed è proprio ciò che lo rende così stimolante ed eccitante. Questa è la sfida del gioco. Un’altra cosa qui è il fatto che più commetti errori, maggiormente impari, e ti viene sempre data una possiblità di correzione. Proprio non ho mai visto un gioco simile!” 

Le parole dell’albero mi conquistarono totalmente. Quest’albero era una vecchia quercia e possedeva quindi conoscenze molto profonde riguardo al Gioco. Vi era una cosa che d’improvviso mi preoccupò: “Se gli umani comunicano solo tra di loro” feci notare “allora significa che quando divento uno di loro, tu non parlerai più con me, e così pure gli animali, le pietre, i giocattoli e i Bhi Jinah. E allora come farò senza di voi?” 

L’albero chiarì come segue: “In vero le cose non stanno proprio così. Per quanto mi riguarda, in qualità di rappresentante anziano degli alberi, sono sempre disponibile a parlare con te, e così pure sono certo i Bhi Jinah. Il punto è che uno degli sviluppi più frequenti del gioco comporta la perdita di memoria della connessione con noi. Ricordati che questo fa parte del gioco e non durerà per molto. In questo modo impari molte cose. Inoltre contribuirai al recupero di qualcosa di cui c’è molto bisogno dall’altra parte della porta. Abbi fiducia. Riceverai tutte le istruzioni necessarie a tempo dovuto. Inoltre un contingente di Bhi Jinah ti resterà accanto in ogni momento per accompagnarti nelle tue imprese. [...]”. 

Bene, francamente, ciò che l’albero disse non fu proprio esposto letteralmente in questi termini. V’era qualcosa in più che egli disse e anche qualcosa in meno. E, in vero, il linguaggio impiegato non era l’italiano o l’inglese. Tuttavia, sento che, per quanto riguarda il mio livello di comprensione corrente, ciò che ho fornito qui è la migliore traduzione possibile, per il momento.

Alcuni anni fa, durante una  breve visita a Bologna. decisi di visitare la mia vecchia casa natale, onde verificare se l’edificio era ancora al suo posto o meno. Con grande stupore trovai la casa meravigliosamente ristrutturata e trasformata in un lussuoso albergo (Hotel Novecento). 

Quella che era un tempo considerato il relitto deprimente della zona, se ne stava ora lì orgoglioso come l’edificio più elegante e attraente in assoluto. 

Ravvisai immediatamente una connessione riguardo la mia vita e mi resi conto che lo stato della casa natale rifletteva un mio processo di trasformazione. Mi fece sorridere inoltre il fatto che, oltre ad aver lavorato nel settore alberghiero per molti anni e a vivere attualmente in una struttura di tale natura (Findhorn Foundation Cluny Hill), ora posso dire pure di essere nato in un albergo.

© Franco Santoro, Findhorn Foundation Cluny HillForres IV36 2RDScotland; info@astroshamanism.org 

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giovedì 5 gennaio 2012

Epifania e Identità Multidimensionale (di Franco Santoro)


Il termine epifania indica la manifestazione di una realtà soprannaturale o divina, un'intuizione illuminata e repentina, specialmente attraverso un evento sensazionale, ma ordinario e visibile nella realtà ordinaria. La parola deriva dal greco epiphaneia, che significa “manifestazione” o “apparizione”. 

Nella Chiesa Anglicana, Orientale Ortodossa e Cattolica Romana, l’Epifania è anche una solennità liturgica cristiana tradizionale che celebra il 6 gennaio l'apparizione di Gesù Cristo ai tre Magi-Astrologi-Re Sciamani, che portarono in dono oro, incenso e mirra. 

L’Epifania esemplifica l’allineamento dei tre Re Magi, che rappresentano il culmine della saggezza, spiritualità e potere ordinario, con la nostra identità multidimensionale, rappresentata dal Cristo. 

In Inghilterra il sovrano commemora ancora questo giorno offrendo oro, incenso e mirra sull’altare della Cappella Reale di St James’s Palace a Londra. L’Epifania cade 12 giorni dopo Natale e segue la Dodicesima Notte (la vigilia dell’Epifania), esemplificando il recupero completo dei 12 Settori e il loro allineamento con l’Identità Multidimensionale Centrale. 

Oltre all’adorazione dei tre Re, l’Epifania commemora due ulteriori eventi: il Battesimo di Cristo e le nozze di Cana, durante le quali Gesù manifestò il suo primo miracolo, la trasformazione dell’acqua in vino. Tutti questi episodi sono in relazione con l’iniziazione al potere multidimensionale della manifestazione, e sono associati a eventi simili descritti in altre tradizioni. 

L’Epifania è una festività dalle origini molto antiche, intesa a indicare l’allineamento tra la realtà tridimensionale e quella multidimensionale. E’ connessa con il primo stadio dell’Intenzione, la fase in cui ci estendiamo nel regno multidimensionale, connettendoci con la Guida e intravedendo la nostra vera natura con tutti i suoi potenziali pienamente realizzati. E’ l’esperienza del culmine del potere, che viene poi o radicato con il secondo stadio o vanificato come un sogno passeggero.

Il primo stadio dell’intenzione è un’epifania, un’esperienza estatica con effetti diretti nella nostra realtà fisica umana. E’ la manifestazione del multidimensionale nella realtà tridimensionale e separata. Sebbene la realtà umana operi rigorosamente per preservare la separazione, la sua struttura illusoria ha delle falle che non riescono a impedire completamente al multidimensionale di manifestarsi, almeno di tanto in tanto. Queste manifestazioni hanno solo effetti tangibili provvisori, poiché quando la realtà separata diventa consapevole delle intrusioni multidimensionali, immediatamente le distrugge, amputando la loro percezione dalla consapevolezza umana e dalla memoria. 

Il primo stadio dell’intenzione comporta il riconoscimento dell’epifania collegata ad un intento e la salvaguardia del suo potere nonostante la censura della realtà separata. L’epifania dell’intento può essere il risultato di una grande ispirazione e intuizione riguardo al tuo potenziale e a qualcosa che desideri profondamente. Può essere lo sviluppo di una visione ottenuta durante un viaggio sciamanico, un’esperienza di trance, un sogno o uno stato estatico di coscienza. Può anche emergere da un evento accaduto nella realtà di tutti i giorni, in cui vedi in altre persone o situazioni un modello perfetto di come tu sei, o puoi addirittura sperimentarlo direttamente nella tua vita ordinaria, diventando consapevole di un potenziale sconosciuto, di come tu lo esprimi, e ricevendo riconoscimenti inaspettati dagli altri. 

In ogni caso durante un’epifania entri in forte risonanza con il tuo intento, tanto da sentire o dire qualcosa come: “Sì! Questo è il mio intento! E’ così che sono! E’ così che voglio essere!”. Nel primo stadio dell’intenzione c’è una forte sensazione di potere e supporto. E’ un’epifania, la manifestazione di una realtà multidimensionale.

Il secondo stadio provoca un cambiamento radicale di percezione perché implica venire a patti con la realtà separata. Il secondo stadio sopraggiunge quando la luna di miele dell’epifania è finita, ossia quando la realtà separata diventa consapevole dell’interferenza multidimensionale e la blocca. In questo stadio mi confronto con uno scenario in cui l’intenzione non si è ancora manifestata e devo mettermi a lavorare con impegno se aspiro a realizzarlo. Il tempo dell’epifania apparentemente è finito. Appartiene al passato che, secondo la realtà separata, non c’è più. Pertanto se, dopo l’epifania, non sento più la connessione con la relativa intenzione, e sono anche depresso, disilluso e impaurito, da una prospettiva separata questa è la mia vera realtà e l’epifania era soltanto un’illusione. 

Cadere in questo tranello è tipico di molte persone sul sentiero multidimensionale. Non c’è modo di evitarlo, finché non capisco la differenza fondamentale tra realtà separata e dualistica, e realtà multidimensional e olistica. 

La realtà separata umana è una configurazione lineare basata su una singola frequenza di tempo in cui gli esseri viventi si muovono rigidamente in conformità a una velocità stabilita, misurata dai nostri orologi ordinari. Il movimento non può essere accelerato né rallentato e procede soltanto in un’unica direzione, senza possibilità di invertire la marcia. 

La realtà separata umana è dunque fissa in una linea spazio-temporale che non consente di avventurarsi altrove. Tutto ciò che esiste oltre la terza dimensione prevede il movimento attraverso il tempo, vale a dire che posso muovermi a piacimento nel passato o nel futuro. Ne consegue che se ho un’esperienza di epifania il 6 gennaio, posso tornare a quell‘esperienza anche il 17 gennaio  e in qualsiasi altro momento decido di farlo. 

Il risveglio della natura multidimensionale implica il recupero della nostra capacità di vivere attraverso il tempo, e diventare consapevoli che l’epifania che ho avuto una volta continua a esistere da qualche parte, anche se apparentemente non si sta verificando nella mia percezione separata. Questa capacità non si acquisisce da un giorno all’altro. Comporta una graduale espansione della nostra natura multidimensionale assopita e l’esercizio delle nostre facoltà di memoria e immaginazione, che sono la chiave del recupero del nostro potere di epifania. 

La mente non conosce la differenza tra quello che vede nella realtà separate e quello che ricorda del passato o anticipa sul futuro. Processa semplicemente l’informazione contenuta nelle reti neurali, che sono il dispositivo di collegamento delle nostre cellule nervose (neuroni). 

Tutti i nostri pensieri e sensazioni umane si formano nelle reti neurali. La realtà separata umana controlla la struttura base delle reti neurali determinando ciò che è reale e ciò che non lo è. Il processo di epifania ha lo scopo di bombardare questo scenario per permettere l’emergere di configurazioni alternative e la libera viabilità in altre frequenze spazio-temporali.

Buona Epifania!

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