“Quando ci confrontiamo con i nostri peggiori
incubi le scelte sono poche: lottare o fuggire. Speriamo di trovare la forza di
affrontare le nostre paure, ma talvolta, nostro malgrado, scappiamo. E se il
nostro incubo ci darà la caccia? Dove mai ci nasconderemo?” (Eroi, Stagione 2, Episodio 5)
Il periodo dello Scorpione è ricco
di benedizioni e opportunità per svelare segreti nascosti, specialmente su chi
realmente siamo oltre l’identificazione con la nostra vita cosciente.
Lo Scorpione
spesso sopraggiunge come un Mietitore Feroce, che spazza via quello che appare,
dissolvendo la quieta routine dell’esistenza ordinaria e liberando gli elementi
oscuri della vita. Questi elementi tendono a fare luce sull’inevitabile
perdita, o data di scadenza, di molte cose che diamo per scontate nella vita,
inclusa la fine della vita stessa, la morte.
La consapevolezza della morte, che è
ciò che lo Scorpione tenacemente segnala, è paradossalmente il controllo più
pragmatico della realtà e il principale attivatore della consapevolezza della
vita.
La morte è “il sogno principale da cui scaturiscono tutte le illusioni” (UCIM, M27, 1.1), e l’immersione dello
Scorpione nel suo mistero, lungi dall’essere una sinistra evoluzione della
negazione della vita è sicuramente un passo decisivo per comprendere e
padroneggiare la vita stessa.
Lo Scorpione possiede l’abbagliante
capacità di enfatizzare ciò che ci tiene nell’oscurità e nasconde la
consapevolezza di chi siamo ad un livello multidimensionale, così da poter
essere rilasciato, consentendo al nostro autentico sé di vedere, aumentare la
sua trasparenza e risplendere nella nostra vita.
Dolore, paure, disperazione e
ogni genere di pensieri o emozioni spiacevoli mostrano ciò che non c’è e ci
nascondono ciò che potremmo vedere se riconoscessimo la nostra autentica
luminosa identità. Per poter vedere dobbiamo mettere da parte i rancori,
praticando il perdono come supremo atto di rilascio della nostra percezione
separata.
Lo Scorpione insegna che proprio
mentre l’oscurità sembra raggiungere il suo culmine nella vita, la luce può
dissiparla, se scegliamo con fermezza di rimanere connessi al nostro sé
multidimensionale e alla rete della vita.
“La fuga dall’oscurità implica due
tappe: primo, il riconoscere che l’oscurità non può nascondere. Di solito
questo passo implica paura. Secondo, il riconoscere che non c’è nulla che vuoi
nascondere anche se potessi. Questo passo porta a sfuggire alla paura. Quando
sarai disposto a non nascondere nulla, non solo sarai disposto ad entrare in
comunione, ma comprenderai anche la pace e la gioia.” (UCIM, T-1.IV.1:5)
Lo Scorpione possiede la
consapevolezza di questa zona di transizione tra luce e buio, buio e luce,
vita, morte e rinascita. Questa zona intermedia in tibetano è chiamata bardo, che significa letteralmente “ciò
che sta in mezzo” o “intervallo”.
Il bardo, che in sanscrito è chiamato antarabhava, non è soltanto l’intervallo
dopo la morte, ma abbraccia ogni genere di sospensione nella vita, piccola o
grande, come momenti di frustrazione, incertezza, crisi, nonché sogni,
fantasie, ecc.
Il Bardo Thodol (letteralmente: “liberazione attraverso l’ascolto
nello stato intermedio”), meglio noto come Il
Libro Tibetano dei Morti, differenzia gli stati intermedi tra le vite in
tre bardi: il chikhai bardo o “bardo
del momento della morte”, il chonyid
bardo o “bardo dell’esperienza della realtà” e il sidpa bardo o “bardo della rinascita”, che corrispondono
astrosciamanicamente ai tre Livelli.
Il chikhai bardo è relativo all’esperienza della “chiara luce della
realtà”, l’approssimazione più vicina possibile al sé multidimensionale, o
Identità Multidimensionale Centrale (IMC) in termini
astrosciamanici. Il chonyid bardo
presenta visioni di varie forme spirituali evolute, mentre il sidpa bardo include allucinazioni
stimolate karmicamente che possono portare alla (risolversi in una) rinascita.
Il Bardo Thodol fa riferimento anche
ad altri tre bardi: il kye ne bardo o
“bardo della vita” o consapevolezza ordinaria, il milam bardo, o “bardo del sogno” (tutte le attività mentali durante
il sonno) e il samtem bardo o “bardo
della meditazione” (tutti i tipi di condizioni di coscienza meditativi o
espansi).
Tutti i bardi forniscono opportunità molto potenti di liberazione e
illuminazione. I bardi sono disponibili permanentemente sia nella vita che
nella morte. Sono stati transitori tra la nostra identità ordinaria limitata ed
il nostro sé multidimensionale centrale.
Lo scopo di base dello sciamanesimo è fornire l’allenamento
necessario per navigare efficacemente nel labirinto del bardo.
Generalmente per gli esseri umani
ordinari la via per accedere al bardo e alla loro identità multidimensionale
centrale è attraverso l’incoscienza, ed è ciò che accade regolarmente nella
loro routine quotidiana. Questo perché la connessione con il sé
multidimensionale è essenziale per la sopravvivenza di ogni altra possibile
identità e realtà, non importa quanto sia falsa.
Tutti gli individui, per poter
funzionare, necessitano di un rapporto ricorrente con il sé multidimensionale,
proprio come hanno bisogno di respirare, anche se non sono consapevoli che lo
stanno facendo.
Tuttavia, mentre respirare è
sicuramente un’attività scientificamente accettata, priva di qualsiasi
opposizione o divieto nella realtà ordinaria, non è così per il rapporto con il
nostro sé multidimensionale. Poiché la nostra realtà consensuale è basata sulla
negazione cosciente della nostra natura multidimensionale, ne consegue che gli
esseri umani, sebbene la sperimentino costantemente, non hanno alcun indizio su
cosa sia, semplicemente perché quest’esperienza non è cosciente.
Il mondo ordinario, e
tutte le realtà governate dall’ego, detesta la morte e ogni situazione di crisi
profonda perché comportano l’annientamento di tutti i loro folli sogni.
Morte e malattia possono essere dolorosi, tuttavia,
come scrive Alan Watts
“ciò che le rende problematiche è che sono vergognose per l’ego. È la stessa
vergogna che proviamo quando siamo colti in fallo, come quando un vescovo viene
scoperto con le dita nel naso o un poliziotto in lacrime. Per l’ego è il ruolo
che conta, la ”finzione” che il proprio sé più segreto è permanente, che ha il
controllo dell’organismo, e che mentre “ha” l’esperienza non ne è coinvolto.
La
sofferenza e la morte smascherano questa finzione, ed è per questo che la
sofferenza è quasi sempre accompagnata da un senso di colpa, una sensazione che
è molto difficile spiegare quando la finzione è inconscia. L’oscura ma potente
sensazione che si potrebbe non
soffrire o morire...” (Alan Watts, Psychotherapy East and
West, Pantheon Books, 1961)
“Lo sciamano in te vive
quotidianamente con il senso della morte, mentre il resto di te lotta con il
pensiero deprimente che la vita presto finirà. Penso che sia come dicono gli sciamani: Soltanto il senso della morte
imminente è in grado di scuoterti e liberarti dai tuoi momentanei attaccamenti
e paure, dal tuo interesse nei programmi che hai stabilito. E così lo stregone
dà il benvenuto alla morte come la fine di uno stile di vita che ha fatto il
suo tempo. Lo sciamano trova trasformazione ed estasi, non tragedia o fallimento,
nella morte”. (Arnold Mindell, The
Shaman’s Body: A New Shamanism for Transforming Health, Relationships, and the
Community, Harper, San Francisco, 1993, p. 157)
La morte ci sfida a fermarci e ad
espandere i nostri orizzonti. Questo spesso accade nei momenti avversi, quando
in pratica siamo costretti a interrompere certi schemi meccanici nella nostra
vita.
Nella vita di tutti i giorni la concentrazione maggiore è sul fare.
Continuiamo a correre di qua e di là finché una malattia o la morte non ci costringono
a fermarci. È per questo che per molte persone l’unica opportunità di smettere
di fare e cominciare ad essere si presenta quando si trovano di fronte a
situazioni in cui rischiano la vita. Il paradosso è che oltre la percezione
ordinaria tragica e spaventosa della morte, esiste uno spazio in cui le cose
sono molto più semplici e pacifiche.
Se moriamo o ci troviamo di fronte a una
morte imminente tutte le nostre responsabilità e obblighi immediatamente
svaniscono. Ci fermiamo e ci
focalizziamo sull’essere, mentre il mondo continua ad essere occupato a fare.
Prendendo del tempo per morire di proposito, mentre siamo ancora vivi,
diventiamo più vivi nel presente. Ad esempio, puoi provare a fermarti proprio
ora, diventando consapevole del tuo
respiro, come se stessi esalando i tuoi ultimi respiri.
Dedicare regolarmente del tempo a
meditare o viaggiare sciamanicamente ci consente di imparare l’arte guaritrice
di morire, fermarci e connetterci con la nostra natura multidimensionale, che è
in verità l’unica parte di noi che può superare la morte, che continua a vivere
mentre tutto il resto si dissolve.
La Morte giunge sempre come un inquisitore
dei nostri pensieri e delle nostre emozioni e intenzioni, come dice AFS Bogus,
“sol chi non si defila dinanzi alla morte è persona verace”
© Franco Santoro, info@astroshamanism.org
Immagine: "Angel of Death" by Evelyn de Morgan
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