Kurandah, il celebre
eroe dell’Epica del Sacro Cono, si colloca sovente nel Sud, data la sua
devozione per il clan del Settore 6 (Vergine), che lo ha eletto a suo sommo
eroe. Le sue gesta mitiche sono narrate in molte Trudeh Etnaie Korah (ballate
popolari). Egli è un rappresentante ideale della Via della Guarigione.
Sebbene facesse del suo meglio
per essere simile ai suoi paesani, e quindi condividere le loro terribili
paure, l’idea del mostro era qualcosa di totalmente inconcepibile per la sua
mente. A volte fingeva di soffrire o evidenziare i sintomi delle malattie
derivate dall’azione del mostro, ma poiché non era un buon attore, ogni suo
tentativo falliva miseramente.
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Oggi 2 dicembre si celebra la festa della sua canzone, il Canto di Kurandah.
Quello
che segue è il modo in cui una volta provai a tradurre la sua storia:
Kurandah viveva in un villaggio
dominato da un feroce mostro. Si trattava di una bestia demonica, causa di
indicibili sofferenze, malattie e terrore per i paesani. Solo Kurandah pareva
essere immune al mostro. In effetti, mentre tutti riuscivano a percepire il
mostro, Kurandah ne era completamente incapace.
Sigillo di Kurandah |
Questa situazione era fonte di
immensa tristezza per Kurandah. Egli non era in grado di vedere il mostro. Di
conseguenza non riusciva a condividere nulla con i suoi paesani. Si sentiva
come un alieno. Solo, depresso e abbandonato, decise di trovare rifugio
nell’adiacente foresta.
La foresta era considerata la dimora del mostro. Da
quel luogo gi abitanti del villaggio potevano udire le sue orrende grida. Questo
fu uno dei motivi per cui Kurandah decise di trasferirsi nella foresta. Voleva
affrontare il mostro.
Kurandah esplorò ogni angolo della foresta e non trovò
alcuna traccia del mostro, e nemmeno qualcosa di simile ad esso. Tuttavia
qualcosa di inaspettato accadde. Egli si ricordò dei giochi che soleva praticare
in tenera età. Si trattava di memorie molto benedette e gioiose davvero! Esse
furono recuperate dolcemente una dopo l’altra e in tutta la loro gloria.
In quei giorni d’infanzia Kurandah
passava ore infinite in compagnia dei Bhi Jinah. Procedendo con il recupero
delle memorie dei suoi giochi deliziosi e dei suoi compagni di ricreazione,
egli si avvide che poteva agevolmente contattare questi suoi vecchi amici. Allora
riuscì nuovamente a divertirsi con i Bhi Jinah e a giocare con gli Spiriti, a
danzare e cantare, a riconoscere i loro volti cangianti nei regni animali,
vegetali e minerali.
Un giorno accadde che Kurandah si
trovò di fronte allo Spirito del Centro, altrimenti conosciuto come il
Tredicesimo. Era insolito per questo Spirito comparire e tanto meno parlare, ma
quel giorno egli lo fece.
“Ora che hai recuperato la conoscenza dei tuoi vecchi
giochi” disse lo Spirito “è tempo che tu ritorni al villaggio, onde stare
insieme alla tua gente e applicare la tua Funzione. Le cose saranno diverse ora
e sarai in grado di condividere le tue canzoni e le tue danze”.
Questa notizia
apportò tanta gioia nel cuore di Kurandah. Per la prima volta sentì che poteva
finalmente diventare un paesano come tutti gli altri. Ora era sicuro che
sarebbe stato in grado di vedere il mostro. Purtroppo queste aspettative furono
deluse.
Una volta arrivato al villaggio,
egli trovò la sua gente ancora più spaventata e malata di prima. Essi gli
descrivevano i loro sintomi, spiegando in ogni dettaglio le caratteristiche del
mostro. Kurandah non riusciva a sentire o vedere nulla. Provava compassione per
i suoi paesani, ma non sapeva che fare. Ciò lo rese alquanto triste e
frustrato.
Egli decise di ritirarsi in una capanna sita al confine tra la
foresta e il villaggio. In questo modo poteva onorare l’indicazione dello
Spirito di restare al villaggio, rimanendo allo stesso tempo vicino ai suoi
amici della foresta. Tuttavia il suo senso di fallimento era copioso e la
tristezza che ne derivava incontenibile. Onde esprimerla, Kurandah compose una
canzone di tambureggiamento. Ciò gli permise, nell’intimità della compagnia del
suo tamburo e del relativo battente, di esprimere il dolore riguardo
l’incapacità di vedere il mostro e di essere simile ai suoi paesani.
Che canto profondo e amorevole! Mentre
eseguiva quel canto, una donna si trovò a passare da quelle parti. Il dolore
che il mostro causava nel suo corpo era così forte. Non poteva più sopportarlo
e aveva deciso di andare nella foresta e di offrirsi come sacrificio alla
bestia malvagia, pur di porre fine a tale tortura. A causa del dolore, era
costretta a muoversi molto lentamente. Si trattava di una donna veramente
coraggiosa!
Il suo nome è Dhirah. Non entro nei dettagli della sua storia. Come
Kurandah, Dhirah appartiene al clan della Vergine e in tale contesto i dettagli
possono essere travolgenti.
Al muoversi nella zona di confine
tra il villaggio e la foresta, Dhirah non poté evitare di udire il canto di
Kurandah. Incantata da quella melodia, ella si fermò ad ascoltare.
“Che canzone
magnifica!” sospirò. Il suono del canto entrò nel suo corpo. Ella poté
percepire tutte le cellule del corpo mentre danzavano gioiosamente. Via via
notava come il suo corpo guariva e il dolore si annientava. Dopo pochi minuti
era totalmente guarita.
Piena di meraviglia e dolce eccitazione, Dhirah corse
al villaggio per raccontare cosa era successo. Altri paesani si recarono nel
luogo di confine per ascoltare il canto di Kurandah ed essi pure furono
guariti. Allora l’intera popolazione si riunì in cerchio attorno a Kurandah. Lo
ascoltavano tutti in profonda contemplazione.
Kurandah continuava a cantare
indisturbato dalla folla. In effetti, era così preso dal suo canto che proprio
non si rendeva conto di quello che succedeva attorno a lui. Dopo poco tutti
iniziarono a cantare e a danzare, e anche a guarire completamente. Così tante
lacrime di felicità e gratitudine furono versate che un lago iniziò a prendere
forma. Fu chiamato il Lago di Kurandah.
Da altri villaggi e luoghi lontani
accorse gente per ascoltare Kurandah. Egli continuava a cantare inconsapevole
di quello che accadeva. Era tutt’uno con la sua canzone e non poteva percepire
null’altro, poiché il suo canto era l’unica cosa ad esistere. La paura del
mostro svanì e Kurandah diventò l’eroe santo del Clan.
Il suo canto divenne il
Canto di Kurandah. Ancora può essere udito nella zona di confine tra villaggio
e foresta. Il Canto di Kurandah permane. Se solo riesco a fermarmi e ad
ascoltare, non posso fare a meno di udirlo. Le sue parole mi conducono verso la
terra a cui appartengo. In vero io non so se Kurandah è consapevole della
guarigione che il suo canto e tambureggiamento ha generato.
A volte mi domando se sta ancora
cantando per esprimere la sua tristezza. Forse la sua voce è semplicemente il
sacro eco che continua a risuonare come conseguenza di un evento benedetto. Chi
lo sa? Quel che so è che voglio tanto bene a Kurandah. I suoi modi di fare sono
così gentili e dolci. E’ un maestro di compassione e guarigione. E’ un Eroe del
Sacro Cono.
Il Canto di Kurandah è stato
accudito come un fuoco sacro centrale in molte vicende dell’Epica. Ascoltandolo
e cantandolo, posso entrare in uno stato di profonda relazione con la mia
Funzione. Vi sono modi differenti di essere con il canto. Il suo tono muta
secondo il cantante e la dimensione spazio-temporale in cui questi si colloca.
Il potere curativo del canto è sempre certo.
Molti hanno tentato di studiare il
significato delle parole. Alcuni saggi hanno detto che esse sono basate su uno
specifico sistema di complesse configurazioni ritmiche intese a formare una
sinergia verbale e una sinergia di variazioni toniche al fine di costruire una
struttura cosmica delle stesse proporzioni del nostro universo e indi liberarla
onde rivelare i regni estatici che esistono oltre. Ebbene, questa è una frase
mozzafiato!
Permettetemi di fare una pausa…
Ciò spiega perché la canzone
conduce a tali stati estatici e genera vibrazioni curative. Altri hanno detto
che il canto appartiene ad una realtà che può essere compresa solo mediante
l’esperienza sciamanica diretta. Questa realtà dimora nel centro dei tre Mondi…
Ora, desidero fermarmi poiché non è
mia intenzione scrivere un trattato sull’argomento. Non necessito di avere una
piena comprensione del canto e di tutte le sue complesse implicazioni. Mi
interessa la sua essenza. Qualunque siano le sue variazioni, il significato
permane immutato. Il mio desiderio è di connettere l’Intento con la Funzione.
Il mio Intento è di trascorrere notti e giorni infiniti di beatitudine con
l’Amato. Il mio Intento è di fare esperienza dei modelli, processi e cicli del
continuo e amorevole sviluppo del momento presente. E’ la sola cosa per cui
sono disposto a offrire la mia vita. E allorché mi viene chiesto qualcosa sulla
morte, così come dicono gli anziani, posso solo rispondere: “Io sono già
morto”.
(da: Franco Santoro , Astroshamanism: The Voyage
Through the Zodiac, Findhorn Press, 2003)
© Franco Santoro , Cluny Hill College, Forres IV36 2RD,
Scotland
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